Girolamo Ciulla
Milestone
MILESTONE
04 GIUGNO - 12 AGOSTO 2016
a cura di Valerio Dehò
Artista mediterraneo come pochi, Girolamo Ciulla lavora con la scultura e il disegno a riattivare e tenere viva la memoria storica della sorgente delle civiltà occidentali. Sopravvivenza dell’antico e sguardo attento sulle materie tradizionali, si fondono nel suo lavoro in modo simbiotico. Nel suo lavoro vi è il sincretismo tipico della coiné che fondeva miti e archetipi italici, greci e orientali con l’origine sepolta del cuore africano di tutte le civiltà. Non a caso il coccodrillo è uno dei suoi animali totemici, l’animale dalla coda a squadro campeggia su colonne, paesaggi di pietra, incisioni indelebili perché costituite da sogni collettivi e paure ancestrali.
Ciulla sente sempre il legame con la sua Sicilia, nato a Nissa (siciliano) o Caltanisetta (italiano), ha iniziato da ragazzo a scolpire le pietre miliari, quei segni mnemonici che scandivano i percorsi stradali, punteggiando il paesaggio come un sistema metrico a disposizione di tutti: un collegamento tra luoghi distanti e tra città che nemmeno si conoscevano. Del resto erano anche un formidabile serbatoio di risorse libere (relativamente) per chi, di tanto in tanto, voleva attingere dalla materia della scultura e raccontare le proprie visioni.
Ma al di là dei dati biografici è importante che l’artista sia partito dal suo territorio, luogo di attraversamenti e di dialoghi tra le culture, per elaborare un proprio lessico che lo ha reso sempre più riconoscibile nel mondo dell’arte. Girolamo Ciulla, che ha anche realizzato delle grandi sculture ad Assuan in Egitto, è stato capace con un linguaggio immediato, di animare un universo mediterraneo che certamente ha fatto della sua isola il baricentro. Anche l’uso del travertino siciliano ne è una testimonianza, e costituisce ancora oggi il suo materiale preferito con la sua porosità che lo rende permeabile all’aria e nello stesso tempo lo caratterizza con una fragilità “antica”. Perché anche il questo modo Ciulla rappresenta il tempo, quello che scorre negli uomini e nelle loro idee, ma anche quello che si appropria degli oggetti, anche i più resistenti e li corrode lentamente costruendo la sua vittoria. Questa sensazione visivo-tattile è una delle caratteristiche del suo lavoro proprio perché la sua attenzione va nella direzione di un costante collegamento tra l’oggi e il passato. Naturalmente non vi è nulla di nostalgico, vi è soprattutto la ricerca dello studio delle invarianti, di quei dati che sono inalienabili all’interno di una cultura che si è nutrita di passaggi, di trasmigrazioni simboliche, per ricordare il lavoro fondamentale di Rudolf Wittkower. Le immagini si modificano, evolvono in direzioni difficilmente prevedibili, gli stessi simboli cambiano di forza e di significato quando vengono scambiati tra le diverse civiltà o sono consumati dalla credenze. L’immagine di Cerere, protettrice del grano e della Sicilia, è sintomatica di un approccio positivo e beneaugurante alla scultura. Come le pietre miliari, scandisce il percorso dell’uomo, e anche un artista contemporaneo che opera nella tradizione del materiali e delle tecniche, non può non confrontarsi con questa storia. I mazzi di grano che sono presenti in tante sue opere accompagnati o meno con la dea, sono certamente un richiamo alla fertilità ma promanano anche l’odore dell’estate, della raccolta del lavoro avviato durante l’inverno, la conclusione di un iter in cui natura e cultura si fondono. Perché questo è il messaggio di Ciulla, ricordare la natura attraverso la sua rappresentazione sub specie aeternitatis nelle forme elaborate dall’uomo durante il corso dei secoli.
Ma sono anche importanti i disegni perché rappresentano un tramite ideativo indispensabile, tra il pensiero e la mano. Il disegno come pratica e linguaggio artistico ha avuto una lunga gestazione in quanto lavoro preparatorio ad un’opera più importante e complessa, è stato visto storicamente come un ausilio della memoria oppure come un esercizio della mano. In altri termini non è mai stato autonomo rispetto ad un’arte maggiore come la pittura o in generale le tecniche pittoriche. Il disegno è stato considerato come un supporto pratico, un’attività semplice e meno dispendiosa della pittura o dell’affresco, qualcosa che viveva dell’immediatezza, della spontaneità, che aveva le caratteristiche dell’appunto. Era una sorta di lavoro che apriva la possibilità della pittura, disegnare era un modo per fermare le idee, per trovare le posizioni delle figure, cercare la composizione migliore, disporre gli elementi nel paesaggio. Come taccuino e sketch-book ha poi accompagnato gli artisti nei loro viaggi, soprattutto tra Settecento e Ottocento con il Grand Tour. Il percorso di avvicinamento da tutta Europa a Roma e alla classicità, diventava un’ occasione, dati anche i tempi lunghi degli spostamenti in quel periodo, per disegnare e fermare nella memoria paesaggi, rovine, bellezze naturali: un modo per esercitare la mano e raccogliere immagini del viaggio. Per Girolamo Ciulla i disegni hanno un valore autonomo, non sono figli di un Dio minore. E sono una parte integrante del lavoro scultoreo essendo anche un aspetto narrativo rilevante perché dimostrano come il discorso dell’artista abbia una particolare vocazione all’unitarietà. Tutto si tiene nella sua opera, tutto possiede una coralità straordinaria, appartiene alla storia dell’arte come anche ad una contemporaneità che non ritiene la fuga verso il futuro una soluzione. E l’idea del disegno si lega anche al tema delle sinopie, cioè del disegno che con lo spolvero tracciava le linee in cui si sarebbe sviluppato l’affresco. Il dettaglio essenziale è che le “sue” sinopie sono delle incisioni su pietra in cui l’ocra riempie le figure mitologiche o gli animali rituali, animando la pietra, infondendole la vita.
E con il disegno sono imparentati anche gli “stiacciati”, famosi quelli di Donatello, in cui ancora una volta scultura e disegno sono perfettamente uniti, e sono costituiti da rilievi sottili che delimitano delle vere e proprie immagini anche con valore prospettico. Lo stesso Vasari li definiva “difficili assai” perché la scultura arriva in questi lavori ai propri limiti. Ciulla poi adopera anche delle frasi o parole, riscopre il valore del segno oltre che del disegno. E l’epigrafia non solo è una delle primitive forme di scrittura, ma è anche la tecnica più solenne nell’antichità per dare memoria a persone o eventi. Ancora una volta la pietra è il testimone di una memoria che si vuole perpetuare, che non vuole sopravvivere ma vivere e basta.
La verticalità delle colonne e l’orizzontalità degli stiacciati sono due poli di un lavoro che si confronta sempre e senza timori con la classicità, cercando anche un canone contemporaneo che Ciulla ormai ha pienamente raggiunto. La sue teste sulle colonne scanalate o meno sono un elemento che si rapporta non tanto con l’erma, quanto con l’esplicitazione del rapporto tra la colonna greca e l’uomo. Rapporti e simmetrie, numeri aurei, misurabilità del mondo, Ciulla ha ereditato dal mondo arabo-greco l’idea di un mondo ordinato in cui l’arte faceva parte di una concezione globale della vita. Il passato e i suoi simboli non sono sopravvivenze e citazioni di altre epoche, ma la prova di una testimonianza viva che la nostra cultura attuale ha delle solide origini che non sono state dimenticate. La classicità non tramonterà mai perché appartiene a tutte le epoche, resterà un punto di riferimento sempre, il cancro del tempo non la distruggerà mai, perché le idee vivono oltre gli uomini e i loro templi.
Valerio Dehò